- Il culto dei viterbesi verso santa Rosa, attraverso i secoli, ha conosciuto alti e bassi, dovuti anche a diverse venerazioni altrettanto importanti esistenti in città:
- a favore del Santissimo Salvatore a seguito del miracolo avvenuto nel 1283 con il ritrovamento della sacra immagine ad opera di due buoi che aravano il terreno;
- a favore della Madonna Liberatrice a seguito del miracolo avvenuto nel 1320 quando cessarono improvvisamente tuoni e fulmini;
- a favore della Madonna della Quercia a seguito dell’evento miracoloso del 1467 che salvò i viterbesi dalla pestilenza.
Santa Rosa naque, quasi certamente, nel 1233 e morì, secondo le fonti ufficiali, il 6 marzo del 1251. Con la Bolla di Innocenzo IV del 25 novembre 1252 fu avviato il processo di canonizzazione per il quale il pontefice inviava due giorni dopo anche la “forma interrogatori”.
Nello stesso tempo alcune donne stavano provando a costituire un monastero nella chiesa parrocchiale di Santa Maria in Poggio (la Crocetta) dove era sepolto il corpo di Rosa.
Tentativo fieramente osteggiato dalle vicine suore damianite del monastero di Santa Maria che, quando era in vita, avevano rifiutato l’ingresso in convento della giovane Rosa.
La mediazione di papa Alessandro IV del 1258, con la traslazione del Corpo di Rosa da Santa maria in Poggio all’attuale santuario, quella che diede origine alla processione che ci porterà all’attuale trasporto della Macchina, accontentò sia i devoti di Rosa che le suore di Santa Maria che così non dovevano più temere nessun tipo di concorrenza.
Nel XIV secolo il culto di Santa Rosa risulta quasi scomparso a livello ufficiale con perdita d’importanza anche a livello popolare.
I cronisti del tempo, infatti, non riportano nessun miracolo avvenuto e non menzionano neanche l’incendio del 1357 che, pur bruciando l’urna e tutti i vestiti, lasciò intatto il Corpo.
Il numero delle clarisse, alla fine del XIV secolo si era ridotto a 5 unità compresa la badessa.
Secondo un’indagine condotta da Thomas Frank, su 1200 protocolli notarili viterbesi superstiti del XIV secolo, il nome del monastero delle clarisse compare solo una ventina di volte ed è oggetto soltanto di tre lasciti testamentari. Negli stessi atti compaiono solo 21 donne che si chiamano Rosa e un uomo che ha il soprannome di “santarosa”.
Nel XV secolo si ha una ripresa del culto di Santa Rosa anche dovuta all’incremento dei traffici commerciali e dei pellegrinaggi verso Roma.
E Viterbo era quasi uno dei centri di sosta obbligata prima di arrivare a Roma. Le stesse visite di papa Martino V nel 1439 e di Eugenio IV nel 1443 rilanciarono ulteriormente il culto verso Santa Rosa.
Grazie alle crescenti elemosine e disponibilità economiche le monache restaurarono il monastero e decorarono gli ambienti con i dipinti della Santa.
E’ del 1441, infatti, il trittico del Balletta e del 1453 sono gli affreschi di Benozzo Gozzoli ormai andati distrutti. In questo periodo viene anche commissionata una nuova urna lignea, istoriata con alcuni miracoli, per contenere il Corpo di Santa Rosa.
Il Giubileo del 1450 aumenta ancora di più la devozione e la estende, tramite i pellegrini in viaggio per Roma, anche fuori Viterbo.
Anche personaggi importanti che passano per Viterbo, come Sigismondo nel 1433 e Federico III nel 1452, si fermano a visitare il “corpo miracoloso”.
Silvio Cappelli
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