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L'impianto della Tuscia Ambiente
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I carabinieri nell'impianto della Tuscia Ambiente
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- Angelo Bologna e il figlio Giuseppe Maria latitanti.
La vasta e complessa operazione dei carabinieri dei Noe di Roma, guidati dal colonnello Roberto Masi, e degli uomini del Reparto Operativo di Viterbo ha portato a otto ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari e due ordinanze di custodia cautelare in carcere.
Sono indagati, oltre al sindaco di Montefiascone Fernando Fumagalli, l'assessore all'Ambiente Valdo Napoli e il segretario Comunale Luciano Carelli, anche imprenditori e dirigenti di diverse società.
I reati contestati sono associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, corruzione, falso e abuso d'ufficio.
Gli amministratori non sono implicati nel traffico illecito di rifiuti.
Sono 28 le persone coinvolti nell'inchiesta denominata 'Longa Manus'.
Il Gip del tribunale di Viterbo Mautone, su richiesta dei pubblici ministeri Stefano D'Arma e Franco Pacifici, ha emesso ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari per Fernando Fumagalli, sindaco di Montefiascone, Valdo Napoli, assessore all'Ambiente, Luciano Carelli, segretario generale, Massimo Jandolo, direttore tecnico della Econet, la società che avrebbe organizzato e gestito il traffico di rifiuti tossici e nocivi, Fabio Boni, responsabile della Econet per la Sardegna, Antonio Sini, direttore della Econet, Luigi Ferri, amministratore delegato della Sap, la società incaricata della riscossione dei tributi dal comune falisco, e Giuseppe Maria Bologna, contitolare della Econet, latitante.
I due provvedimenti di custodia cautelare in carcere sono stati emessi nei confronti di Angelo Bologna, contitolare della Econet, latitante, e Bruno Mancini, amministratore unico della Tuscia Ambiente che si trova a Mammagialla.
Fabio Boni, 30 anni di Olbia è stato bloccato all'alba di ieri a Livorno, appena sbarcato da un traghetto proveniente dalla Gallura.
I tre amministratori del comune di Montefiascone sono accusati di corruzione perché avrebbero assegnato a trattativa privata l'appalto per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, a una società mista pubblico-privato, in cambio dell'assunzione di 12 persone.
L'affidamento a trattativa privata del servizio, prevedeva la revisione quadrimestrale dell'importo, che nel giro di un anno sarebbe salito da circa 371 mila euro l'anno a 574 mila euro.
Il traffico di rifiuti tossico-nocivi e pericolosi avrebbe fatto capo alla Econet e a Tuscia Ambiente. L'organizzazione, a partire dall'agosto 2006, avrebbe smaltito illecitamente 23 mila tonnellate di rifiuti speciali, grazie a certificati rilasciati da laboratori d'analisi che chiudevano un occhio e a volte due. In alcuni casi i rifiuti tossici venivano miscelati per creare del falso compost che veniva sparso sui terreni di quattro aziende agricole viterbesi, che sono state poste sotto sequestro mentre i loro proprietari sono tra i 28 indagati.
Il Noe ha rilevato nel falso compost presenze di sostanze tossiche, come il cadmio, altamente cancerogeno, fortemente superiore rispetto ai limiti di legge, stessa cosa per il nichel. I rifiuti tossico-nocivi e pericolosi arrivava dalla Sardegna, dove in parte tornava per essere smaltiti illegalmente. Il resto veniva inviato in Toscana, Emilia Romagna, Puglia e Lazio.