Riceviamo e pubblichiamo
- Anche questo campionato è finito. Grazie a una rimonta poderosa Chiappini e soci sono arrivati a sfiorare i play off. Se non ci fossero state le interferenze federali avrebbero potuto forse farcela.
Di sicuro lo score della Viterbese nel girone di ritorno è stato di alto profilo. Tutte le grandi hanno pagato pegno con la squadra gialloblù, fatta eccezione per il Gallipoli. Ieri anche il Taranto, che è stato schierato da Papagni con le seconde linee, ha subito la dura legge del Rocchi. Tornato a essere la tanto rimpianta fossa dei leoni.
E, se la squadra fosse stata più tranquilla, è probabile che lo stersso risultato con l’Igea Virtus avrebbe potuto essere diverso. E aprire scenari inaspettati, a prescindere dalla penalizzazione.
La stagione, sotto il profilo puramente sportivo, è stata dunque positiva. Grazie a un valido gruppo di giocatori, che si è compattato strada facendo, le cose sono andate al meglio. Salvo un periodo opaco, che ha portato la squadra al limite della zona play out, sono stati ottenuti risultati non trascurabili. Il fatto di avere un nucleo duro da cui poter ripartire sarebbe, di per sé, un dato affatto trascurabile.
Insomma, senza le cervellotiche decisioni dell’ineffabile ragionier Macalli che ha deciso un cinico “redde rationem” a due giornate dalla fine del campionato senza nemmeno convocare un’assemblea prima di stravolgere la classifica del girone, le cose sul campo avrebbero potuto prendere ben altra piega. Ma questa è una storia diversa.
Il malcontento verso la federazione di serie C cresce in modo esponenziale e sta toccando punte assai crude. Capofila della rivolta è stavolta la Cisco Roma del milionario (in euro) patron Tulli, trovatasi estromessa dai giochi della promozione per le stravaganti decisioni dell’intoccabile ragioniere.
Adesso a Viterbo si torna, more solito, a parlare di calcio a tavolino. Ma non quello centrato su una sana e utile programmazione della stagione a venire. Bensì su debiti, scadenze federali, fallimento incombente, assemblee societarie senza paracadute e via dicendo. Il tutto condito dalle ripetitive osservazioni sull’indifferenza della città, intesa come nucleo imprenditoriale, e delle istituzioni. Un vero strazio.
Nella speranza che, anche stavolta, arrivi un cavaliere bianco per salvare la Viterbese dal baratro. E che non si riveli anche lui, alla fine dei giochi, il solito amaro bluff.
Sergio Mutolo