Il caso - Viterbo - Interviene l'associazione la Cittadella
Perché un testimone come don Giosy non può parlare?
22 maggio 2006 - ore 1,40
Senza Filtro - In merito alle polemiche scatenate sul concerto di don Giosy, che ha inaugurato la settimana della scuola, non comprendiamo l'attacco sferrato contro l'amministrazione comunale, giudicata rea, evidentemente, di aver osato invitare un sacerdote cantautore all'incontro con gli studenti.
Non capiamo perché questo non debba avvenire, perché cioè un testimone come don Giosy non possa incontrare i giovani e comunicare quella che è la sua identità e la motivazione profonda della sua missione.
Non capiamo perché gli studenti debbano per forza incontrare sempre e solamente personalità o esponenti del mondo cosiddetto "laico", che parlano genericamente (e in modo molto politically correct) di buoni sentimenti e solidarietà, mentre vi debba essere un vero e proprio ostracismo nei confronti di chi i valori li vive a partire dalla fede in Gesù Cristo.
Qui non si tratta di difendere l'uomo Giosy, ma la libertà di espressione di un cristiano, che quando comunica la propria esperienza di fede non può essere giudicato come un pericoloso attentatore alla libertà degli altri, o addirittura come un fanatico che fa del proselitismo.
Del resto questo sacerdote è ben conosciuto, anche e soprattutto dalla direttrice didattica Pascolini, la quale non avrà certo assistito per la prima volta a un suo concerto. Invece di lamentarsi dopo l'evento, la suddetta avrebbe dovuto, più coerentemente, opporre subito un deciso rifiuto all'esibizione di don Giosy, e prendersi la responsabilità di non portare gli studenti della sua scuola alla festa del palasport.
Avrebbe dovuto dire chiaro e tondo che un prete che racconta la propria storia non può essere accettato in una pubblica manifestazione scolastica, perché è un pericolo per il laicismo imperante.
La vicenda di cui si sta discutendo evidenzia secondo noi un pregiudizio molto diffuso, per il quale il credo religioso pubblicamente professato è fonte di divisione; ne è spia l'imbarazzo che hanno provato alcune maestre.
La scuola, invece che azzerare le tradizioni religiose annegandole in un agnosticismo laico, dovrebbe piuttosto favorire l'incontro e la conoscenza dell'altro.
Il concerto di don Giosy per gli studenti musulmani presenti, lungi dall'essere un'aggressione alla loro fede, poteva diventare un reale momento di crescita e di maturazione. Se vogliamo veramente creare un clima di dialogo e tolleranza tra persone di credo differente, dobbiamo aiutare ed educare i giovani a non stare "con la testa bassa", ma ad alzare gli occhi e ad aprire il cuore.
E forse questo atteggiamento dovrebbe essere degli insegnanti, prima ancora che dei ragazzi.
Associazione culturale "La Cittadella"
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