Senza Filtro -“La non facile congiuntura sollecita ancor di più imprese, Enti pubblici e Università a continuare a sostenere il sistema Tuscia, puntando su innovazione, formazione e aggregazione. In tal senso dobbiamo compiere un forte investimento sui giovani, favorendo il loro inserimento nel mondo del lavoro a ogni livello”. Con questo parole Ferindo Palombella, presidente della Camera di Commercio di Viterbo, ha concluso la presentazione del 6° Rapporto sulla Tuscia Viterbese, in occasione della 4a Giornata dell’Economia indetta da Unioncamere. Sul tema dell’occupazione si è soffermato anche Giuseppe Parroncini, consigliere della Regione Lazio, richiamando i dati preoccupanti del 2005 che hanno fatto registrare una perdita del 5% degli occupati.
Durante il corso dell’incontro Corrado Abbate, consulente dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, l’ente di ricerca economica che collabora con l’Osservatorio Economico Provinciale alla stesura della ricerca, ha fornito ai partecipanti il quadro economico della Tuscia per il 2005. Vediamo nel dettaglio i diversi aspetti.
L’economia viterbese da alcuni anni ha conosciuto un processo di lenta ma costante trasformazione del sistema produttivo locale dando vita, in prospettiva, ad un nuovo paradigma dello sviluppo, che pone al centro la ricerca della qualità, in un ambiente economico favorevole, organizzato “in rete” tra gli attori locali (Istituzioni, imprese, banche locali, Università, ecc.) e tendente, quindi, a penalizzare l’azione di singole aziende e/o soggetti isolati.
Va comunque rilevato come Viterbo ancora sia una provincia eccessivamente chiusa in un localismo che è possibile definire come “perimetro”, in quanto caratterizzata da:
· una insufficiente apertura verso i mercati esteri;
· un basso afflusso di turisti stranieri;
· una insufficiente dotazione infrastrutturale.
EXPORT
Un’attenzione particolare va riservata, quindi, al grado di apertura dell’economia viterbese. Nel 2005, dopo il forte incremento registrato nel 2004, per Viterbo e provincia le esportazioni hanno subito una lieve contrazione (-3,0%), che ha interessato la maggior parte dei settori produttivi. Anche se dal 2000 al 2005 è aumentato il peso dell’export provinciale su quello regionale, passato dal 2,3 al 2,9% si evidenzia ancora un basso grado di interazione con i mercati internazionali. Quasi tutti i settori economici hanno contribuito al calo delle esportazioni. Un’eccezione di rilievo è rappresentata dall’industria alimentare che è cresciuta del 47,8% andando ad aumentare consistentemente il peso sull’export provinciale di questa attività (19,5%). Buon risultato anche per i prodotti agricoli, i quali, pur registrando una leggera contrazione pari al 2,1%, tengono sui mercati internazionali, considerando il raddoppio dei volumi messi a segno nel 2004 ed un’annata agricola 2005 con produzioni in forte calo in quasi tutte le colture. Il sistema agroalimentare vede crescere la sua incidenza sul totale delle vendite totali all’estero, arrivata complessivamente al 32%.
INFRASTRUTTURE
Le politiche di investimenti infrastrutturali volte a sostenere lo sviluppo locale, devono integrarsi più efficacemente con le grandi scelte infrastrutturali a livello nazionale ed europeo. Uno dei punti di maggiore criticità rimane il livello delle infrastrutture di trasporto ed, in particolare, della rete viaria viterbese che, nonostante la presenza di importanti assi di collegamento come l’Autostrada del Sole, raggiunge appena un indice di 75 (media Italia=100). Critica appare anche la dotazione di strutture e reti per la telefonia e la telematica (41,2) nonché di reti bancarie e servizi vari (46,1).
CREDITO
Nella provincia di Viterbo la struttura creditizia presenta un elevato grado di sportellizzazione, con 57 comuni su 60 nei quali è presente almeno uno sportello bancario. Si evince anche dall’indice che misura il numero delle agenzie creditizie rispetto alla popolazione residente secondo il quale ogni 10.000 abitanti ci sono 6,46 sportelli nella Tuscia, contro la media laziale di 4,73 e nazionale di 5,35. Vale la pena soffermarsi sul livello delle sofferenze che ha raggiunto nel 2004 quota 418 milioni di euro. Questo indicatore che misura in parte il grado di rischiosità degli impieghi pur presentando valori in rialzo dal 2002, se rapportato più correttamente al totale degli impieghi, negli ultimi anni evidenzia un andamento decrescente, anche se il valore di Viterbo (14,08%) è doppio rispetto a quello del Lazio e quasi triplo di quello nazionale.
STRUTTURA IMPRENDITORIALE
Si deve puntare anche sulla crescita delle aziende di tipo “relazionale-qualitativa”, più che sulla dimensione quantitativa (crescita degli addetti); tale indirizzo pone al centro della strategia di sviluppo le relazioni tra imprese (accordi di cooperazione, l’associazionismo). In questo senso le imprese hanno iniziato una lenta ristrutturazione.
Per l’anno 2005 il movimento anagrafico delle imprese della Provincia di Viterbo fa registrare un saldo positivo di +264 unità (+0,7%), inferiore rispetto a quello del Lazio (+1,7%) e dell’Italia (+1,3%). Occorre sottolineare però che il peso delle numerose aziende agricole (41,6%), le quali presentano un elevato numero di cessazioni soprattutto per ragioni di carattere amministrativo, sottostima la crescita delle imprese viterbesi che, al netto dell’agricoltura presenta una valore consistente e pari al +2,6%. Per quanto riguarda la natura giuridica delle imprese, il processo di ispessimento del tessuto imprenditoriale, consistente nell’evoluzione verso forme societarie più strutturate rispetto a quella della semplice “ditta individuale”, in atto da alcuni anni sembra aver coinvolto anche l’economia viterbese, nonostante il percorso di riduzione del gap con altri territori sembri ancora lungo. Il confronto della struttura giuridica 1998/2005 mostra comunque il cambiamento in atto in quanto in 7 anni sono raddoppiate le società di capitale e perdono peso le società di persone e le ditte individuali, che comunque rimangono la forma di gran lunga più diffusa.
RICCHEZZA PRODOTTA
L’analisi nella provincia viterbese evidenzia che la ricchezza prodotta nell’ultimo decennio (1995-2004) ha registrato una crescita media piuttosto bassa: 0,8% contro l’1,5% regionale e l’1,8% nazionale. Tuttavia emerge chiaramente una suddivisione netta in due sottoperiodi: fino al 2001 si è assistito ad un arretramento consistente dell’economia locale, mentre nell’ultimo triennio (2002-2004) la situazione si è decisamente invertita con una netta accelerazione della crescita. Nell’ultimo anno analizzato (2004), il valore aggiunto della provincia viterbese è aumentato del 5,2% (Regione Lazio +3,3%, dato nazionale +1,3%), grazie soprattutto al progresso dell’agricoltura e delle costruzioni.
ANALISI CONGIUNTURALE
Soffermandoci più su problematiche di natura congiunturale, il 2005 è stato un anno piuttosto negativo per l’agricoltura provinciale, in considerazione delle condizioni climatiche sfavorevoli. Particolarmente pesante l’effetto della nuova Politica Agricola Comune (PAC), che ha previsto un “disaccoppiamento” degli aiuti rispetto alla coltivazione effettuata durante l’annata agraria. Ciò ha comportato una riduzione notevole delle superfici di alcune coltivazioni erbacee, in particolare del frumento duro (35%), e del mais (38%). Oltre a una riduzione delle quantità si è assistito nella maggioranza dei casi a flessioni nei prezzi che hanno causato un’importante riduzione dei fatturati aziendali. Così è stato per il pomodoro (anche a causa di tensioni con le industrie di trasformazione e di un forte incremento di prodotto importato), per le castagne e per le colture erbacee in genere. La nocciola ha vissuto un’annata in parziale controtendenza, dove il prezzo piuttosto sostenuto è riuscito in parte a compensare le perdite aziendali dovute ai cali di produzione. Un discorso a parte si può fare per la coltura dell’olivo, che pur avendo fatto registrare una produzione in calo del 25% circa si è evidenziata una buona resa di olio e, soprattutto, con l’introduzione della DOP “Tuscia”, che si affianca a quella già esistente “Canino”, sembra puntare maggiormente su prodotti di qualità riconosciuta ed a più alto valore aggiunto.
Anche nel secondario e nel terziario, un periodo di congiuntura debole particolarmente evidente nel 2005 (l’indagine congiunturale presenta saldi di risposta fra aumento e diminuzione del fatturato aziendale di segno negativo per tutti i settori, e compresi fra il -17% delle costruzioni e il -18,9% dei servizi), unica eccezione il settore estrattivo che continua ad evidenziare risultati positivi.
Migliori appaiono le attese per l’anno 2006: il saldo tra imprese che prevedono un aumento e quelle che si attendono una diminuzione del fatturato è, infatti, di poco inferiore allo zero (-1,8%). Il miglioramento dovrebbe avere carattere generale, riguardando un po’ tutti i settori.
APPROFONDIMENTO OCCUPAZIONE
Un ulteriore fattore da considerare è quello relativo alla crescita del capitale umano, risorsa strategica per migliorare la competitività del territorio. L’analisi congiunturale dell’occupazione relativa al 2005, osservando i saldi delle risposte fornite dalle imprese intervistate, mostra una diminuzione del numero di occupati fissi (-3,1%) a fronte di un incremento di quelli atipici (+11,6%).
I comparti che sembrano aver subito le maggiori difficoltà sono il tessile/abbigliamento e la ceramica. Le aziende operanti nel comparto estrattivo e alimentare sono le uniche a dichiarare un aumento dell’occupazione sia fissa che atipica. Piuttosto stabile l’occupazione nell’edilizia, mentre nelle attività legate ai servizi si evidenzia una diminuzione dell’occupazione fissa a fronte di un aumento di quella atipica. In particolare, questo fenomeno sembra essere evidente nel comparto “altri servizi”. Per il 2006 le previsioni sono più ottimistiche per le attività manifatturiere e l’edilizia, mentre per il terziario viterbese le stime previsionali non sembrano affatto delineare un quadro dell’occupazione positivo tanto in termini di occupati a tempo indeterminato che di collaboratori atipici.
Nell’ambito dell’approfondimento sull’occupazione sono scaturiti diversi dati, che sembrano fortemente influenzati dal tessuto di microimprese che contraddistingue l’economia della Tuscia.
Sintetizzando:
· Il 70% delle imprese intervistate non ha effettuato assunzioni nell’ultimo triennio, di queste il 15% non lo ha fatto per carenza di mezzi derivanti dalla congiuntura negativa, e ben l’80% dichiara organici al completo e di conseguenza una carenza di piani di sviluppo aziendali;
· Il reperimento del personale avviene per lo più attraverso canali informali (conoscenza diretta/famigliare) o tramite riqualificazioni aziendali, mentre scarso risulta il ricorso ai Centri Provinciali per l’Impiego (l’80% delle aziende non ha rapporti con i CPI);
· I livelli formativi richiesti dalle imprese sono molto bassi (per i livelli medio-alti solo nel 12,8% dei casi viene richiesta la laurea);
· Grado di partecipazione alla formazione molto basso, soprattutto per le figure diverse dai titolari e dagli amministratori;
· Scarso livello di conoscenza della Legge Biagi (poco più del 40% del campione conosce la riforma e, solo il 5,9% ha avuto modo di approfondire in forma più che sufficiente tutti i vari aspetti trattati);
Per far fronte alle problematiche sopra evidenziate, in virtù della particolare struttura economica della Tuscia sono stati individuati alcuni strumenti ritenuti in grado di alimentare la competitività del sistema economico locale:
· Voucher formativi
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· Apprendistato professionalizzante
· Fondi interprofessionali
· Realizzazione di una rete informatica e di uffici di orientamento
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Passando all’indagine Istat sulle forze di lavoro i risultati che emergono non sono molto positivi per la nostra provincia. Si è evidenziato nell’anno appena trascorso una diminuzione degli occupati (-5,1%) ed un correlato aumento dei disoccupati (+2,6%). Il tasso di occupazione si è ridotto di oltre 2 punti percentuali rispetto al 2004, collocandosi al 52,5%, mentre il tasso di disoccupazione è salito dall’8,3% del 2004 al 9% del 2005.
Il più basso tasso di occupazione (e, quindi, di attività) che caratterizza il mercato del lavoro viterbese dipende in larga parte dalla componente femminile: per gli uomini, infatti, esso si è attestato nel 2005 al 67,3%, inferiore di meno di due punti percentuali rispetto al corrispettivo regionale; molto differente la situazione per le donne, il cui tasso di occupazione non va oltre il 37,7% (quasi la metà degli uomini), notevolmente inferiore se paragonato al resto della regione (48,0%). Nella stessa direzione vanno i dati sul tasso di disoccupazione, il tasso calcolato su base femminile (13,4%) è il doppio di quello per i maschi (6,2%) e, l’aspetto che colpisce maggiormente, è che mentre la performance degli uomini è addirittura migliore di quella regionale (6,4%), per le donne essa è superiore di quasi quattro punti percentuali rispetto al Lazio (9,5%).
Per quanto riguarda la disoccupazione, si è evidenziato che questo è un fenomeno che coinvolge particolarmente la fascia giovanile della popolazione e soprattutto quella femminile. Per le donne tra i 15 ed i 24 anni, infatti, il tasso di disoccupazione è del 38,1%, 16 punti percentuali in più rispetto agli uomini compresi nella medesima fascia d’età; decisamente inferiori sono i valori nell’altra classe, oltre i 24 anni, nella quale il tasso di disoccupazione diminuisce anche a causa del fenomeno “scoraggiamento”, che porta le donne, dopo una certa età, ad uscire definitivamente dalle forze di lavoro.