Senza Filtro - Il caso Moro: tra dubbi e verità, questo il tema del convegno che ha tenuto banco l'altro ieri, giorno del 28° anniversario della morte dello statista Aldo Moro, nella sala degli Avi di Palazzo Altieri a Oriolo Romano. La giornata di dibattito è stata organizzata dal centro di documentazione Archivio Flamigni, di cui fa parte la Provincia di Viterbo, e dal Comune di Oriolo Romano.
Molte le personalità che hanno preso parte alliniziativa: lex senatore del Pci Sergio Flamigni, il presidente della Provincia di Viterbo Alessandro Mazzoli, il sindaco di Oriolo Italo Carones, il capo del dipartimento della direzione generale di giustizia minorile Rosario Priore e lo storico Giuseppe De Lutis.
Una sala gremita ha ascoltato attenta per oltre tre ore le ipotesi tracciate dai vari relatori sulle cause che hanno portato al sequestro e poi alla morte dello statista italiano.
Il 16 marzo - ha affermato Alessandro Mazzoli - fu rapito Aldo Moro e lo stesso giorno furono uccisi gli uomini della sua scorta. Il rapimento durò 55 giorni e il 9 maggio fu ucciso. E giusto e importante ricordare oggi la figura di Aldo Moro, vittima di uno dei più destabilizzanti attentati terroristici della storia repubblicana. Il suo rapimento è il culmine di una strategia della tensione che ha colpito per anni il paese e giunge al cuore dello stato. Cinquantacinque giorni di ansia e di angoscia. Ma perché viene rapito e ucciso? La data del 16 marzo 1978 non casuale.
E il giorno in cui in Parlamento si discute la nascita del governo di unità nazionale che sancisce lintesa fra le forze del paese, Dc, Pci e Psi. I protagonisti dellintesa furono Aldo Moro e Enrico Berlinguer. Nei comunicati delle Br viene scritto che si vuole colpire il sistema di potere democristiano di cui Moro e forse, in quel momento, lespressione più alta e autorevole. In realtà si vuole colpire e affondare quel processo di avvicinamento e di collaborazione fra le principali forze politiche del Paese per il governo dellItalia.
Un colpo mortale per quella che venne definita la terza fase della democrazia italiana fondata sulla piena legittimazione delle forze in campo, la sola che può consentire il dispiegarsi della democrazia, fondata sullidea di inclusione nel processo democratico della sinistra, fino ad allora esclusa dal governo. Che comprende il dialogo e il confronto ma anche la ricerca della mediazione e della convergenza in nome di un interesse più grande, in nome dellinteresse del Paese.
Questo è un tema che ricorre. Oggi lo scontro politico è presentato come lespressione della più alta moralità, mentre il compromesso viene visto come deteriore: cè il rischio di un serio passo indietro. Moro esprimeva lidea del primato della politica intesa come comprensione dei processi di fondo e coraggio nelle scelte di innovazione. Moro era un moderato pronto a confrontarsi con le sfide del cambiamento.
Ma lo ricordiamo perché il suo rapimento e il suo assassinio sono ancora avvolti da troppi silenzi e molti depistaggi, numerose menzogne che hanno reso arduo il percorso che porta alla verità. Certo molte cose sono state chiarite, ma sono ancora tante le domande cui dare una risposta convincente e suffragata da riscontri oggettivi.
Quanti sono stati gli attentatori e i sequestratori di Aldo Moro? Dove fu tenuto sotto sequestro e come mai non si riuscì ad individuare per tempo il covo dei brigatisti? Chi era veramente Mario Moretti? Nella storia delle Br cè un prima e cè un dopo. Ci sono le Br di Renato Curcio e ci sono le Br di Moretti: cè quindi bisogno della verità su una delle pagine più tragiche della storia dItalia.
Anche il sindaco di Oriolo Romano ha posto lesigenza di capire le ragioni e conoscere la verità. Siamo convinti ha detto Italo Carones - che da questo attentato tante cose sono cambiate e tanto rimane da scoprire. Lesigenza di sapere è grande e lafflusso dei presenti dimostra quanto questo argomento sia ancora attuale e importante.
La relazione clou dellincontro è stata quella dellex senatore Flamigni, uno dei massimi esperti del caso Moro. Il 9 maggio, con luccisione dello statista, si conclude lopera che ha sottolineato - doveva portare alla svolta politica lItalia. Molti aspetti del caso Moro sono rimasti nel dubbio perché cè una parte di verità che si è voluto far rimanere nascosta. Ci sono degli aspetti che non vanno tralasciati, ad esempio, Francesco Cossiga fin dallinizio sapeva. Appena apprese la notizia della morte disse che gli avevano promosso che lo avrebbero salvato. Quindi le trattative ci sono state ma evidentemente qualcuno non ha mantenuto i patti.
Flamigni ha poi parlato del giornalista Pecorelli, ucciso anchesso dalle Br, degli articoli che scrisse nel 1978, della strategia della tensione, delleversione di destra e sinistra, dei servizi segreti e di tutte le circostanza che hanno portato alla morte dello statista. Pecorelli sapeva troppe cose, tra cui che la prigione di Moro era nel ghetto ebraico. Questo ci dice che dobbiamo immaginare un retroscena diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad ora.