Viterbo 13 luglio 2005 - ore 0,10 - Razionale, determinato, inarrestabile. Marco Mancini è uno strano ibrido, metà glottologo, metà manager. Da un lato si occupa di aramaico, e dallaltro dellavanzata prorompente delluniversità nella città di Viterbo. Come uno stratega militare, Mancini progetta la conquista di luoghi, palazzi medievali, chiese... Per far crescere quella che considera la sua vera creatura, quasi una figlia: luniversità della Tuscia.
Dopo essere stato riconfermato per altri tre anni nella carica con una sorta di plebiscito, oltre il novanta per cento di voti, il rettore delluniversità sembra rasserenato. Ancora una sfida vinta. Sì, perché a Mancini non piace la sconfitta. Ed è forse questo il segreto del suo successo, che è anche e soprattutto il successo della sua creatura.
Una specie di simbiosi che si intuisce con chiarezza quando mostra, quasi con affetto, la futura aula magna di Lingue, proprio dietro il rettorato. Un piccolo gioiello con le pareti ricoperte di ciliegio, che profuma laria.
E tempo di bilanci, questo è il suo terzo mandato. Cosa vede di positivo e di negativo in questi anni di lavoro?
Sul piano istituzionale. Laspetto positivo è la crescita che lateneo ha avuto sul piano edilizio nella città di Viterbo. E poi lampliamento dellofferta didattica. Linteressante rapporto con il mondo militare.
Ci sono cose da portare a termine?
Certo. Una parte sono allinterno della prospettiva del mio mandato. Penso alla creazione di spazi per gli studenti e al rafforzamento delluniversità della Tuscia come polo di ricerca di eccellenza. E per far questa ultima cosa si deve puntare a una più forte specializzazione. Guardando un po più in là del mio mandato, credo che dovrei porre le basi per il definitivo assetto edilizio delluniversità. La nuova geografia dellateneo prevede che al Riello ci sia il polo scientifico e in città quello umanistico. Con il trasferimento di Lingue a Santa Maria in Gradi, a fine anno, porremo le basi per questo nuovo assetto. Lidea di fondo è quella di dare a ogni facoltà la possibilità di crescere senza che sia invaso lo spazio vitale delle altre. Oggi non è ancora questa la situazione.
Come sono stati questi anni da rettore?
Ho fatto il rettore nel momento più difficile per la ricerca nel nostro paese. La riforma didattica e amministrativa, e una spaventosa carenza di risorse economiche hanno messo in ginocchio luniversità pubblica. Il rammarico è quello di aver passato la gran parte del mio tempo a fare da scudo a questi provvedimenti, nel tentativo di difendere il nostro ateneo. Certo alcuni risultati ci sono. Basti pensare alla classifica del Sole 24 ore, che ci mette in testa alle università statali del Lazio. La performance dellateneo è costante. Crescono gli studenti, i dipendenti, il numero di laureati in percentuale agli iscritti è ottimo, rispetto alla media nazionale. Ma, insomma, potevo giocare allattacco e invece sono stato costretto a giocare in difesa. Ho dovuto impiegare il mio tempo, la mia intelligenza e quella dei miei preziosi collaboratori più per sanare i guasti provocati che per puntare direttamente sullo sviluppo delluniversità. E come se avessimo dovuto lavorare due volte.
Lei vuole puntare su una ricerca di eccellenza, ma non è una cosa semplice. Ci vogliono gli uomini, i programmi di ricerca giusti. Ci vogliono i fondi.
Io credo che questo ateneo ha gli uomini giusti e capaci in questo senso. Credo che fin da ora abbiamo filiere di ricerca importanti e interessanti. E poi , guardi, cè un dato oggettivo. I fondi ordinari che arrivano dallo Stato ammontano a 36 milioni di euro. Ebbene dieci arrivano per la ricerca. Questo significa che abbiamo programmi adeguati e gli uomini giusti.
Non sarebbe opportuno creare allinterno delluniversità uno staff che si dedichi esclusivamente al recupero delle risorse per la ricerca?
La creazione di un ufficio, che curi il reperimento di risorse per la ricerca e che individui possibili programmi in collaborazione con i privati, fa parte del mio programma. E una delle sfide a breve termine.
Sono state perse delle occasioni in questi anni?
Mah, secondo me la verità è che in questi anni di occasioni ce ne hanno date ben poche.
Insomma un bilancio positivo, nonostante tutto?
Direi di sì.
Per anni si è discusso sullintegrazione tra università e viterbesi. Ma il rettore è viterbese? Si sente un viterbese?
Sì, certo. Voto qui. Dopo venti anni che vivo a Viterbo, quando torno in città, ho la netta percezione di... tornare a casa. Quando sono a Roma, potrà sembrare paradossale, ma ho nostalgia di Viterbo.
Quando andrà in pensione dove andrà a vivere?
In un casale nella campagna viterbese. Se qualcuno me lo troverà....
Pregi e difetti di Viterbo...
Un alto livello di civiltà e generosità. Dallaltra parte rimane una città molto chiusa. La società viterbese è un ambiente difficile da penetrare. Quello che più mi colpisce è che si discute poco pubblicamente sui problemi. Il che certamente non aiuta la gestione della cosa pubblica e gli amministratori in generale.
Ma luniversità non potrebbe avere un effetto sulla città...
Sono convinto che il processo di ricaduta ci sarà a lungo termine. Non oso dire che formeremo la nuova classe dirigente, ma qualcosa di simile forse accadrà....
In questi anni ha conosciuto molte persone. Cera qualcuno che valeva la pena di incontrare?
Beh, innanzitutto il Papa. Conoscerlo è stato un evento. Una persona di cui ho avuto grande stima è stato il ministro Zecchino. Ne ho un buon ricordo.
Lei risponde sempre mostrando una razionalità assoluta? Ma prova qualche emozione ogni tanto?
Il rettore riflette un istante e poi si analizza razionalmente con una frase: In effetti la mia parte razionale ha un po schiacciato la mia parte emotiva. Diciamo che è preponderante.
Tornando su questioni più generali: Cosa pensa del ministro Moratti?
Credo - dice con un sorriso sornione Mancini - che potrebbe essere un ottimo sindaco di Milano. Sono sicuro che lo farebbe benissimo. Peccato che non la posso votare.
Ma quali danni ha fatto alluniversità italiana la Moratti?
Ci ha tolto la fiducia nella nostra capacità di autonomia. Ci ha fatto sentire come persone che non sono più in grado di camminare da sole. Il danno più grave è quello ideologico prodotto facendoci perdere la speranza, lottimismo. E poi la confusione. I provvedimenti, che sono stati presi dal ministro, sono improvvisati e contraddittori. Sono arrivati allultimo momento. Sono spesso di difficile applicazione. Invece di snellirci e portarci a livelli europei, sono diminuiti i fondi. E ci siamo burocratizzati ancora di più. Tutto questo non mi sembra molto competitivo. A meno che non intendiamo la competizione come una gara tra zoppi. Poi ha creato una competizione truccata con i privati.
In che senso?
Nel senso che si stanno inserendo i privati nella competizione con le università pubbliche. Un esempio clamoroso sono le università telematiche. Ma lo si fa non facendo scontare al privato tutti i problemi che ha il pubblico. E questo non è giusto. E come se lei facesse una maratona partendo dal chilometro zero e il suo avversario partisse dal chilometro venti. Bello fresco e vince.
Qual è un vantaggio palese delle università private?
Ad esempio non devono passare al vaglio degli organi di livello regionale, come il comitato di coordinamento dei rettori. Io non ho voce in capitolo sulle università telematiche che possono ampliare liberamente la loro offerta didattica. Senza problemi. Mentre una università pubblica deve confrontarsi con gli altri atenei regionali.
Ma come nascono le università telematiche?
La loro nascita dipende da un atto unilaterale del ministro. Se il ministro vuole istituirle, le istituisce.
Nel Lazio ci sono queste università telematiche? e quali sono?
Sì ci sono. Sono la Guglielmo Marconi, la Telma e la Uninettuno.
Lei è il presidente della conferenza dei rettori del Lazio, avrà potuto incontrare il ministro per spiegare quali sono le vere esigenze delluniversità italiana?
La Moratti non ci ha mai ricevuto. Io non lho mai incontrata. Il ministro Zecchino in un anno di governo lavrò incontrato quindici, venti volte. La Moratti non lho mai vista.
Le posso dire che questa cosa è incredibile...
Certo, che è incredibile. La signora non si è mai resa disponibile. E badi bene che in questi anni ho incontrato cariche dello stato di tutti i livelli.
Ma se lei fosse il ministro, cosa farebbe?
Per prima cosa abolirei la riforma Moratti, nel caso passasse. E poi ridarei piena autonomia finanziaria e gestionale agli atenei, però valutandoli con più rigore.
Lattività di rettore le avrà impedito di continuare le sue ricerche con la stessa ampiezza del passato. Cosa ha il rammarico di aver trascurato?
Certamente questa attività ha ristretto il campo di ricerca. E ho dovuto trascurare alcuni settori di ricerca come quello sulle lingue orientali. Per questo cè il maggior rammarico. E io sono per vocazione un orientalista. Avrei poi in cantiere due o tre libri, che non posso portare termine.
Un titolo...
Uno è un commento alla traduzione in dialetto romanesco degli ebrei del quattrocento della Genesi.
Quante lingue conosce?
Le posso dire le lingue che studio: latino; greco; lingue italiche come quella sannita, paleo umbra, falisca; dialettologia romanza. Campi di elezione sono le lingue giudaiche ed in particolare le lingue degli ebrei della diaspora. E poi il persiano antico e il persiano medioevale e laramaico.
Ma trova il tempo per studiare? Quando studia?
Certo che trovo il tempo per studiare. Nel fine settimana mi assento e studio. Per fortuna ho una ricca biblioteca e qualcuno che mi dà una mano. Se per un periodo mi devo occupare solo di questioni amministrative mi sento male. Ho fisicamente lesigenza di mettermi in una stanza a studiare. Altrimenti mi vengono delle vere e proprie crisi di ansia.
La sua opera più significativa?
Un libro sullesotismo nel lessico italiano.
In molti immaginano che chi fa ricerca, si occupa di cultura abbia anche conoscenze superiori per quanto concerne la vita. Lei cosa ha capito della vita?
Io distinguo tra lo studioso e lintellettuale. Lo studioso è competente di cose che non gli servono nella vita, probabilmente. Lintellettuale ha anche una capacità interpretativa del mondo. Esce dal libro, per così dire e affronta lesistenza. Molti sono gli studiosi, pochi gli intellettuali veri. Un vero intellettuale, un grande filosofo che ho avuto il privilegio di conoscere è stato Hans Georg Gadamer, allievo di Heidegger, fondatore dellermeneutica filosofica, che ho conosciuto in Germania . Ecco, lui mi è sembrata una persona veramente superiore. Aveva unopinione profonda su tutto. Tornando alla domanda.
Credo di aver capito della vita che è una faccenda purtroppo complicata, difficile e dolorosa. Col tempo ho poi imparato a valutare la sofferenza piccola, ma anche il dolore grande. Prima le consideravo in maniera superficiale. Relegandole ai margini dei miei interessi. Ora penso che vadano abbracciate comprendendole. Un corollario, di questo comprendere la vita, è la pretesa di aver cominciato a capire anche gli uomini. E in questo il mestiere di rettore mi ha aiutato. Nel bene e nel male, aggiunge il rettore con un ghigno finale.
Cosa consiglierebbe a un ragazzo?
Di appassionarsi a qualcosa. Non tante cose, ma appassionarsi. Perché la passione per qualche cosa instaura un rapporto tra te e quella cosa, che è salutare, positivo. Che ti fa vincere un po quella che è la banalità e fisicità quotidiana.
Che senso della morte ha Mancini? Ci pensa mai alla morte?
Molto tragico. Certo che ci penso. Un grande pensatore del Novecento ha detto che la vita è la cura della morte. Mi sto malvolentieri abituando allidea che sia una condizione umana. Sto cercando di abituarmi allidea che un giorno ci sarà la fine. Non vorrei arrivare alla conclusione che le tante cose, che faccio nella vita quotidiana, non siano niente altro che un meccanismo di rimozione.
Sembrerebbe che sia proprio così...
Questa è una cosa che mi terrorizza, però. Perché prima o poi saremo lasciati di fronte e soli al problema vero. Io mi illudo che essere un intellettuale, ammesso che io lo sia, mi aiuti. Ma confesso che fino ad oggi gli aspetti positivi sono molto pochi. Prevalgono quelli negativi. La verità è che io ho una idea della vita non molto positiva, come avrà capito, conclude con un sorriso il rettore.