All'ombra del campanile smisurato
Arcionello - Intervento pubblicato sul settimanale Avvenimenti Non è pacifico impedire a qualcuno di manifestare
Gigli pronto a varare una lista civica (Il Tempo) Il deputato si è dimesso dal suo incarico nazionale (assegnatogli da Sandro Bondi) e da commissario straordinario a Terni Congresso FI: su Salvatori tantissimi mal di pancia (Messaggero) Giustificazioni fuori dal tempo per dire no alla Supercassia (Il Tempo)
22 marzo Oltre cento persone alla passeggiata per la Mazzetta
Dal presidente della Provincia Marini
Sabato 27 marzo 2004, ore 17.00, Università Popolare - Via del Giglio, 3 - Viterbo
L'Associazione Culturale "Achille Poleggi", in collaborazione con Vecchiarelli Editore e Assoc. Culturale Malavoglia, presenta:
ALL'OMBRA DEL CAMPANILE SMISURATO - Viterbo, storia locale e identità civica: una diversa amministrazione della cultura per una nuova cultura dell'amministrazione
in occasione dell'uscita dei libri di Antonello RICCI: * All'ombra del campanile smisurato. Saggi su localismo e localisti, Vecchiarelli Editore, Manziana, pp. 104 * Il libro dei debiti. Acque uomini pietre - Sonatine per Viterbo, Ass. Malavoglia, Viterbo, pp. 132
PRESIEDE Severo BRUNO - INTERVENGONO * Alfio CORTONESI * Massimo ONOFRI * Aurelio RIZZACASA
Memoria, ricordo, storia: legati al tempo del filo che scorre, a volte, veloce. Troppo. Tanto veloce da non vedere uomini e cose che pur hanno scolpito, lungo quel filo invisibile di minuti, ore, anni, indelebili segni. Di un tempo che fu, si dirà. Appena l'altro ieri è, ormai, tempo che fu. Muti osservano, in un'attesa oltraggiata, il gesto benevolo di un ricordo, come una "resurrezione" riparatrice. Un viandante della memoria si muove tra rocce e sterili scrosci di fetide acque, un giorno alimento e vita, e resti antichi di lavoro contadino e di artefici artigiani. E ascolta. Bisogna saper ascoltare quel tempo immobile fatto di sussurri e urla, di allegria e dolore, di amore e di sangue come solo la storia sa raccontare e non disperde. E riportarlo alla luce. Per vivere ciò che fu, come palpito di vita, per l'oggi. Ci vuole un cuore che batte ad un ritmo diverso da quello delle parole sfuggenti che scivolano come fiume (anzi fosso) su tutto, e tutto comprendono per nulla dire: "Progresso", "recupero". Si vola alto! Per non vedere e non sentire. Un brivido lungo la schiena: per l'Arcionello, striscia verde, ultima rimasta incastonata tra palazzi e strade, è previsto un progetto. Si parla di parco e di cubature, di svincoli e negozi. È una soluzione. La solita: un parco anonimo ad uso e consumo del mordi e fuggi, snaturato e assalito dal cemento. Senza memoria, sfuggente alla storia. Il viandante sa che il ricordo e la memoria palpitano di vita propria: immobilizzarli o appuntarli in teche di vetro come farfalle rare, è condannarli all'oblio e allo sguardo distratto della storia digerito dalla quotidianità apatica e disattenta, a volte triviale e arrogante. Senza pietà per i morti di ieri. Le cose di ieri: "Fosso Luparo", "la Palanzana", "Monte Pizzo", "la Gabbia del Cricco", il peperino, il tufo; luoghi, simboli e tradizioni. Un insieme di memorie che si fondono e si confondono, nella storia vissuta. Quella della città, della comunità, chiusa tra un tradizionalismo geloso di simboli dispensatori di fulgidi trascorsi e di "rassicuranti memorie civiche" e un modernismo sventratore e pianificatore dei bisogni, delle esigenze, come direbbe qualcuno, della "gente". Due facce della stessa medaglia. Un Giano attuale: confortante e benigna linea di confine, cittadella fortificata delle parole smarrite, dei sogni interrotti, dei viaggi mai compiuti. Tutto è fermo. In attesa del nulla. Smarrito, il viandante guarda la torre del poeta "maledetto", rifugio e prigionia di illusioni disilluse. Battaglie perse di una guerra logorante, infinita, contro il genocidio culturale operato da un progresso informe, omologato e senza anima, che si impossessa di città e campagna. Livellatore di un malinteso senso di democrazia dei consumi. Fuggire. L'immagine è quella di un uomo in una stazione. Solo, con una valigia in mano, che attende un treno. Lascia una improbabile Rimini. Da Piazza delle Erbe, giù per la discesa, si arriva al mare. Fuga senza scampo. Il cerchio è chiuso. Possibile che nessuno ascolti le parole gridate sulle pagine scritte con pacata passione e irrefrenabile sete di interpretare segni e volti della storia e delle cose? Il viandante sa, vede e sente. Il grigiore del peperino e il rosso del tufo. Ascolta impercettibili suoni e percepisce piccoli movimenti. Sa che bisogna trasformare il "senso" di ciò che fu in insegnamento, in una pedagogia della cultura, direbbe, e della memoria. Sa che tutto ciò necessita di passione pura, di libertà tenace. E vorrebbe condividere questo sogno, questa speranza, insieme a tanti altri Peter Pan solitari ma non soli, sognatori ma con i piedi per terra e il cuore in mano. A chi sta nei Palazzi, tra bilanci e piani di lottizzazione, non chiede di essere Peter Pan. Le favole vivono di un senso comune e di un lieto fine. Inevitabile. Forse è chiedere tanto, anzi troppo. Sarebbe bello però se anche gli inquilini dei Palazzi, grigi ma perennemente sorridenti, continuamente affaccendati in progetti smisurati e in simposi elogiativi, dismettessero, ogni tanto, i panni di Capitan Uncino e della sua allegra e variopinta ciurma. Per il bene di tutti coccodrilli compresi. [Sandro De Amicis]
Possibile scissione in Forza Italia se non si troverà un accordo unitario sul coordinatore
Gigli ai Ds: «Facciamo una lista anti-Capozzi» (Il Messaggero)
23 - marzo 2004 - www.tusciaweb.it